Il Presepe
Il presepe (o presepio) è una rappresentazione della nascita di Gesù, derivata da tradizioni medievali.
Il termine deriva dal latino praesaepe, cioè greppia, mangiatoia, ma anche recinto chiuso dove venivano custoditi ovini e caprini composto da prae = innanzi e saepes = recinto, ovvero luogo che ha davanti un recinto. Un’altra ipotesi fa nascere il termine da praesepire cioè recingere. Nel latino tardo delle prime vulgate evangeliche viene chiamato cripia, che divenne poi krippe in tedesco, crib in inglese, krubba in svedese e crèche in francese. Una curiosità: il presepe è chiamato così solo in Italia ed in Ungheria perché la parola vi arrivò via Napoli nel XIV secolo quando un discendente Angiò divenne re di quelle regioni.
Le prime fonti del presepe sono i 180 versetti dei Vangeli di Matteo e Luca, cosiddetti dell’infanzia, che riportano la nascita di Gesù avvenuta al tempo di re Erode, a Betlemme di Giudea, piccola borgata ma sin da allora nobile, perché aveva dato i natali a Re Davide.
Il presepe moderno indica una ricostruzione tradizionale della natività di Gesù Cristo durante il periodo natalizio: si riproducono quindi tutti i personaggi e i posti della tradizione, dalla grotta alle stelle, dai Re Magi ai pastori, dal bue e l’asinello agli agnelli, e così via. La rappresentazione può essere sia vivente che iconografica.
La tradizione, prevalentemente italiana, risale all’epoca di San Francesco d’Assisi che nel 1223 realizzò a Greccio la prima rappresentazione vivente della Natività.[1] Tommaso da Celano, cronista della vita di San Francesco descrive brevemente la scena: si dispone la greppia, si porta il fieno, sono menati il bue e l’asino. Si onora ivi la semplicità, si esalta la povertà, si loda l’umiltà e Greccio si trasforma quasi in una nuova Betlemme. Sebbene esistessero anche precedentemente immagini e rappresentazioni della nascita del Cristo, queste non erano altro che “sacre rappresentazioni” delle varie liturgie celebrate nel periodo medievale.
Il primo presepe scolpito a tutto tondo di cui si ha notizia è quello conservato nella Basilica di Santo Stefano (Bologna). Si tratta del più antico presepio conosciuto al mondo composto da statue a tutto tondo. Uno studio approfondito dell’opera pubblicato nel 1981 da Massimo Ferretti, alla fine del primo grande restauro effettuato da Marisa e Otello Caprara, ha identificato che lo scultore delle statue è lo stesso Maestro del Crocefisso 1291 custodito nelle Collezioni d’Arte del Comune di Bologna.
L’opera rimase senza coloritura fino al 1370, quando fu incaricato il pittore bolognese Simone dei Crocefissi che ne curò la ricca policromia e la doratura con il suo personalissimo stile gotico. Il restauro del 1981 fece riemergere la splendida policromia, che si era oscurata nel corso dei secoli, come è possibile vedere nelle foto precedenti a quel restauro. Ma con il successivo trascorrere degli anni l’umidità della Chiesa, in cui l’opera era esposta per tutto l’anno, aveva iniziato a rovinare di nuovo la policromia. Per tale ragione agli inizi del 2000 le statue sono state prelevate un paio alla volta e sono state nuovamente restaurate, fino al 2004, in cui tutta l’opera è stata esposta nella Pinacoteca nazionale (Bologna).
Il presepe è una rappresentazione ricca di simboli. Alcuni di questi provengono direttamente dal racconto evangelico. Sono riconducibili al racconto di Luca la mangiatoia, l’adorazione dei pastori e la presenza di angeli nel cielo.
Altri elementi appartengono ad una iconografia propria dell’arte sacra: Maria ha un manto azzurro che simboleggia il cielo, San Giuseppe ha in genere un manto dai toni dimessi a rappresentare l’umiltà.
Molti particolari scenografici nei personaggi e nelle ambientazioni del presepe traggono inoltre ispirazione dai Vangeli apocrifi e da altre tradizioni. Tanto per citarne alcuni, il bue e l’asinello, simboli immancabili di ogni presepe, derivano dal cosiddetto protovangelo di Giacomo, oppure da un’antica profezia di Isaia che scrive “Il bue ha riconosciuto il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone”. Sebbene Isaia non si riferisse alla nascita del Cristo, l’immagine dei due animali venne utilizzata comunque come simbolo degli ebrei (rappresentati dal bue) e dei pagani (rappresentati dall’asino).
Anche la stalla o la grotta in cui Maria e Giuseppe avrebbero dato alla luce il Messia non compare nei Vangeli canonici: sebbene Luca citi i pastori e la mangiatoia, nessuno dei quattro evangelisti parla esplicitamente di una grotta o di una stalla. In ogni caso a Betlemme la Basilica della Natività sorge intorno a quella che è indicata dalla tradizione come la grotta ove nacque Cristo e anche quest’informazione si trova nei Vangeli apocrifi. Tuttavia, l’immagine della grotta è un ricorrente simbolo mistico e religioso per molti popoli soprattutto del settore mediorientale: del resto si credeva che anche Mitra, una divinità persiana venerata anche tra i soldati romani, fosse nato da una pietra.
I Magi invece derivano dal Vangelo di Matteo e dal Vangelo armeno dell’infanzia. In particolare, quest’ultimo fornisce informazioni sul numero e il nome di questi sapienti orientali: il vangelo in questione fa i nomi di tre sacerdoti persiani (Melkon, Gaspar e Balthasar), anche se non manca chi vede in essi un persiano (recante in dono oro), un arabo meridionale (recante l’incenso) e un etiope (recante la mirra).
Così i re magi entrarono nel presepe, sia incarnando le ambientazioni esotiche sia come simbolo delle tre popolazioni del mondo allora conosciuto, ovvero Europa, Asia e Africa. Anche il numero dei Magi fu piuttosto controverso. Fu definitivamente stabilito in tre, come i doni da loro offerti, da un decreto papale di Leone I Magno[senza fonte], mentre prima di allora oscillava fra due e dodici.
Tuttavia, alcuni aspetti derivano da tradizioni molto più recenti. Il presepe napoletano, per esempio, aggiunge alla scena molti personaggi popolari, osterie, commercianti e case tipiche dei borghi agricoli, tutti elementi palesemente anacronistici. Questa è comunque una caratteristica di tutta l’arte sacra, che, almeno fino al XX secolo, ha sempre rappresentato gli episodi della vita di Cristo con costumi ed ambientazioni contemporanee all’epoca di realizzazione dell’opera. Anche questi personaggi sono spesso funzionali alla simbologia. Ad esempio il male è rappresentato nell’osteria e nei suoi avventori, mentre il personaggio di Ciccibacco, che porta il vino in un carretto con le botti, impersona il Diavolo.
Nel presepe bolognese, invece, vengono aggiunti alcuni personaggi tipici, la Meraviglia, il Dormiglione e, di recente, la Curiosa.
Il presepio Trentino infine è imparentato con le sculture lignee del Tirolo e trova una tipica ambientazione in alcune produzioni caratteristiche e originali, soprattutto nelle valli laterali dell’Adige come testimoniano tra gli altri i presepi di Tesero, in valle di Fiemme.